venerdì 30 novembre 2012

Colorno 2012


Novembre 2012
Di nuovo a casa  di mia madre, a Colorno, 

come ogni anno all'avvicinarsi del suo compleanno (ne ha compiuti 87) mi prendo qualche giorno di ferie e le faccio visita. L’ho trovata più curva, per via del bastone a cui si è abituata, e per via degli acciacchi, i reumatismi che le bloccano la spalla, le articolazioni, mani polsi e la colonna lombare, che in ceco si chiama la “croce”, la parte al di sopra dell’osso sacro.
Mia madre racconta sempre volentieri, questa volta ci ha messo due giorni per lasciarsi andare, ma più racconta e meno è lontana, quasi non sembra che siamo stati così distanti.
Mia madre ha lavorato a Vienna dal ’43 al ’45, come il nonno, (Herr Tzavorka) seguendo la famiglia cooptata per il lavoro obbligato, nelle fabbriche, una necessità di guerra importante per ricevere i buoni per gli alimenti (a pagamento). I buoni erano stati introdotti dal protettorato tedesco, nel 1938, l’invasione imposta, per i fini di Hitler di mantenere scorte sufficienti per mantenere un esercito occupante in più nazioni europee. Inutile dire che questo aveva fomentato il dilagare della borsa nera perché, avendo di che pagare, diventava impellente aumentare le provviste rispetto a quelle stabilite dalle esigenze nutrizionali della categoria di appartenenza.
Un noto avvocato e cancelliere in un Tribunale di Praga soggiornava l’estate a Roudnice, dove il  nonno si prendeva cura degli alberi da frutto, uvaspina, frutti di bosco, che loro consumavano in forma di bevande salutistiche, quando incontrava mia madre piccola le diceva: Hanusko, tieni, una corona, comprati qualcosa!
I colpi di cannone russi sparati da Budapest arrivavano a cadere sui sobborghi di Vienna (e qui ha risparmiato il racconto del nonno stordito e quasi colpito dalle bombe, come pure le vicende della moto tedesca nascosta sotto la legnaia, che un giorno i russi trafugarono). All'entrata dei russi a Vienna cominciarono i dissidi con la nonna. Nonna che aveva inviato i risparmi a casa, voleva tornare e rivedere la figlia maggiore, mamma voleva restare nella grande città, con l’aiuto del nonno perché era ancora minorenne,  ma vinse la nonna, per poi scoprire che i risparmi erano stati spesi e non li vide più. Però ottennero un appartamento a Teplice, piazza Mosca, un nome un programma, di quelli abitati da famiglie tedesche che erano rientrate in Germania (espropriate), grande da pulire, in un palazzo di 3 piani con cantina per il carbone, solaio con il locale per il bucato e la biancheria. I buoni per l’acquisto di alimenti e vestiario ancora in uso, ma questa volta aveva trovato lavoro in un ufficio, ragioniera. Un natale del ’50, si aveva diritto a qualche decina di cetrioli per preparare i piatti della vigilia, il negoziante le lasciò tutto il barattolo, a prezzo di favore. Peccato che furono consumati subito e fecero una fine immeritevole, nel lavandino.
Al momento di rimettermi in viaggio, mi accompagna sulla strada, ci guardiamo a lungo, metto a fuoco il suo viso, lo assorbo, facciamo un tacito accordo di ritrovarci presto, qui, o da me, e uno scongiuro. Rimessomi in camino, caccio indietro un pianto, mi volto, alzo il braccio, la saluto più volte, l’azione aiuta a allontanare i brutti pensieri.

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