giovedì 18 settembre 2014

amici ungheresi e Cabernet Franc

Grazie a Hospitality Club abbiamo conosciuto una coppia che vive a Budapest, si sono fermati due giorni nel Salento e hanno proseguito con una auto a noleggio fino a Napoli. In questo frattempo ci siamo raccontati le nostre storie e abbiamo avuto scambi gastronomici e enologici.
Une bella scoperta è stata il rosso prodotto a Villany,  nella regione più a sud dell'Ungheria
il vuoto della bottiglia nella foto a testimonianza

ricco in tannini, è corposo, scuro, denso.... come nella tradizione dei Cabernet Franc, si accompagna bene ai pasti e anche come aperitivo
Un altro vino, bianco, è prodotto dal padre di Hajmal, Aurora in italiano, con uva chiamata coda di pecora, per la forma dei grappoli, che si gusta bene in accompagnamento ai cibi, una piacevole combinazione di acidità e aroma fruttato
Una curiosità della famiglia, di origine tedesca, all'epoca in cui Maria Teresa D'Austria cercò di popolare terre con pochi coltivatori facendo migrare alcuni gruppi dalla Germania. Dopo la guerra, furono rimandati in Germania, ma ritornarono clandestinamente in Ungheria, anche se continuavano a parlare quasi esclusivamente tedesco, fino a riuscire a vedere riconosciuta la loro presenza ai primi anni '50
La famiglia di Adam invece è dispersa su quattro continenti, una nonna a Toronto, una in Sudamerica e una in Sudafrica...
sono andato a curiosare sulla regione,
che produce vari tipi di vino, dal sangue di bue al BlauFrankisch o Kekfrancos




e quella che è stato scritto in poesia, reperibile su IBS
I poeti del vino. Cinquanta secoli di poesia dall'epopea di Gilgamesh all'Ode al vino di Pablo Neruda

...Ma non solo amore,
bacio bruciante
o cuore bruciato,
sei tu, vino di vita,
anzi tu sei
amicizia di gente, trasparenza,
coro di disciplina,
abbondanza di fiori.... (Ode al vino, Neruda) dal sito 

..ma sopra tutto nel buon vino ho fede,
e credo che sia salvo chi gli crede;
e credo nella torta e nel tortello:
l'uno è la madre, e l'altro è il figliuolo;
il vero paternostro è il fegatello...

LUIGI PULCI - "Morgante" dal sito

Ho percorso strade su strade,
ho tracciato nuovi sentieri:
per cento mari ho salpato:
a cento approdi son giunto:
e in ogni paese ho veduto
carovane di tristezza:
superbi e malinconici
beoni dall'ombra nera:
e pedantoni in vetrina,
che guardano e tacciano e pensano:
che sanno, perché non bevono
il vino delle taverne.
Pessima gente, che appesta
la terra dove cammina.
E in ogni paese, ho veduto,
v'e' gente che danza e che giuoca
fin quando si può, poi lavora
i quattro suoi palmi di terra.
Se giungono a nuovi paesi,
non chiedono mai dove sono;
se vanno in viaggio, li vedi
sul dorso a decrepite mule;
e non conoscono fretta
, neppure nei giorni di festa;
e bevono vino, se han vino:
se non han vino, acqua fresca.
Buona gente, gente che vive,
che lavora, che soffre, che sogna;
che infine, in un dì come tanti,
vanno a dormire sotterra.


I giorni son sempre più brevi
le piogge cominceranno,
la mia porta, spalancata, ti ha atteso.
perchè hai tardato tanto?
Sul mio tavolo, dei peperoni verdi, del sale,
il vino che avevo conservato nella brocca
l' ho bevuto a metà, da solo, aspettando.
perchè hai tardato tanto?
Ma ecco, sui rami, maturi, profondi,
dei frutti carichi di miele,
stavano per cadere senza essere colti
se tu avessi tardato ancora un poco.
                                                      Nazim Hikmet, 

Esperienza (A. Machado) dal sito

da “Sale” (W. Szymborska)
Con uno sguardo mi ha resa più bella,
e io questa bellezza l’ho fatta mia.
Felice, ho inghiottito una stella.
Ho lasciato che mi immaginasse
a somiglianza del mio riflesso
nei suoi occhi. Io ballo, io ballo
nel battito di ali improvvise.
Il tavolo è tavolo, il vino è vino
nel bicchiere che è un bicchiere
e sta lì dritto sul tavolo.
Io invece sono immaginaria,
incredibilmente immaginaria,
immaginaria fino al midollo.
Gli parlo di tutto ciò che vuole:
delle formiche morenti d’amore
sotto la costellazione del soffione.
Gli giuro che una rosa bianca,
se viene spruzzata di vino, canta.
Mi metto a ridere, inclino il capo
con prudenza, come per controllare
un’invenzione. E ballo, ballo
nella pelle stupita, nell’abbraccio
che mi crea.
Eva dalla costola, Venere dall’onda,
Minerva dalla testa di Giove
erano più reali.
Quando lui non mi guarda,
cerco la mia immagine
sul muro. E vedo solo
un chiodo, senza il quadro.
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